Alla conquista del Pizzo Bianco
12 settembre 2020
Tempo complessivo: 7:30h
Distanza: 17km
Dislivello: +1800m
Da due anni assillavo gli amici con l’idea di salire sul Pizzo Bianco, punta a 3215 mt. che troneggia su Macugnaga, al cospetto del Monte Rosa. Finalmente il 12 settembre ce l’ho fatta. Accompagnato da un pugno di facinorosi, sono arrivato in cima, in una giornata quasi perfetta, guidati dall’inscalfibile guida Alessandro.
L’idea era di (non) testare il guscio Montura Iron 20. E così è stato. A parte la fantozziana nuvola sulla cima il clima è stato clemente, anche viste le premesse incerte.
Il percorso, lungo e molto meno agevole del previsto, ha reso più saporita e soddisfacente questa ascesa.
Ma andiamo per gradi.
Faticosamente verso il cielo
Mettere insieme un gruppo di amici, la guida e il bel tempo non è stato facile. Dopo 2 date mancate causa brutto tempo e qualche migliaio di messaggi WhatsApp siamo pronti: sabato, ore 7:00, in piazza a Staffa (Macugnaga). Monte Rosa illuminato dall’alba, cielo blu, aria fresca e sottile.
Siamo un gruppo eterogeneo, con una sola cosa in comune: nessuna esperienza alpinistica. Quindi, viste le altitudini e la mancanza di un vero sentiero, ci facciamo accompagnare da una guida. Il fido Alessandro si è dimostrato un punto di riferimento utilissimo, anche se forse un po’ troppo veloce.
La prima ora infatti, partiti da Opaco verso il Lago Secco e poi Rosareccio, è dura, con un passo un po’ troppo veloce per le nostre possibilità. Me ne rendo conto dal silenzio che aleggia tra la comitiva.
Attraversiamo un bellissmo bosco di conifere, saliamo nella vegetazione sempre più rada nell’ultima parte di vero sentiero, tra rododendri selvatici e gli ultimi larici, e raggiungiamo con tanto fiatone la spianata della vecchia funivia a 2100m circa, vestigia di un passato sciistico risalente ai ’60/70. Dopo la valanga del 10 marzo del 1975, che si portò via un pilone, la funivia venne chiusa per sempre. Solo per pura fortuna quella volta non ci scappò il morto.
L’anfiteatro del Monte Rosa di fronte a noi, il cielo macchiato da scenografiche nuvole, una breve pausa-barretta (anche se c’era chi aveva pane e bresaola…), e via a salire ancora.
Nemmeno a metà strada e il sentiero quasi scompare e solo ometti e lievi tracce guidano il percorso. Una placca ripida e scivolosa, per fortuna attrezzata con corda, ci impegna per un breve tratto. Il sentiero serpeggia tra massi instabili fino al colletto del Pizzo Nero. Di colpo la vista si apre sulla Val Quarazza, anche se limitata dalle nuvole, ed il sentiero, molto esposto, comincia a salire sulla cresta. Per chi soffre di vertigini un punto critico.
Saliamo e saliamo, tra
nuvole a sprazzi di cielo, per quasi due ore. Attraversiamo due nevai e l’aria,
appena il sole scompare, si fa pungente. Il ritmo ora è accettabile e
riprendiamo a scherzare e a goderci la salita.
Passati sotto l’anticima, vediamo ormai la meta, nascosta nella nebbia. E’ là
davanti a noi.
Arrivati in cima mi godo la bellissima sensazione di aver raggiunto un sogno ed in parte la vista pazzesca verso il Monte Rosa e la valle sottostante.
Rimaniamo in vetta 10 minuti, temendo che il tempo possa peggiorare e diminuire la visibilità. Poi cominciamo l’interminabile discesa verso la Zamboni. Un sentiero poco visibile, poco stabile, monotono e ripido per più di mille metri di dislivello. Gambe stanche, qualche caduta, il rientro come sempre è la parte più tosta, dove bisogna rimanere attenti per evitare problemi. Ma come sempre il panorama, la vista del Lago delle Locce dall’alto, del Canalone Marinelli e tutta la valle, ripagano dello sforzo. Interessanti anche le due pecore solitarie aggrappate alle rocce a 2800m.
Stanchi e assetati ci fermiamo alla Wengwald Hutte per una quantità non ben definita di birre e miacce. La fame e la sete, dopo 7 ore e 30 di cammino si fanno sentire.
Dal Belvedere, a parte l’inesauribile Alberto (il “Diesel del trail”), scendiamo tutti in seggiovia, dove posso brevemente provare la mia Montura Iron 20. Ovviamente non è una prova seria, visto il tipo di utilizzo e la costruzione in GORE TEX® Active 3 strati, che ti proteggerebbe da una tormenta a Capo Nord. Ma di sicuro apprezzo il riparo.
Macugnaga e il Rosa, che non deludono mai
Parte del sogno era godersi la vista del Rosa da un punto privilegiato come il Pizzo Bianco. In parte non è stato possible ma va bene così. Una giornata faticosa ma divertente con vecchi amici, sassi, neve, paesaggi e risate. Una ricetta perfetta. Se non siete esperti e non conoscete bene la strada, consiglio vivamente la guida. Per un alpinista è una passeggiata, per un escursionista della domenica potrebbe diventare complicato.
Alla prossima avventura!
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Indirizzi utili:
Umberto Paracchini, trail Runner della domenica (ma quasi tutte le domeniche), batterista e appassionato di enogastronomia, moto, lettura, sci e tanto/troppo altro. Nella vita si occupa di marketing e fa parte del club “Running Boyz Arona”che, oltre a correre, fa tante altre cose e non si prende troppo sul serio