La mia epica traversata, dal Lago Maggiore alla Valsesia
10 ottobre 2020
Tempo complessivo: 15:20h
Distanza: 70km
Dislivello: +3700m
Da un’idea pazza dell’amico Andrea, 70km tra Nebbiuno e Scopello, 3 cime, boschi autunnali e un gran finale imprevisto. Buone vibrazioni, un compagno inossidabile e un po’ di incoscienza hanno reso questa impresa possibile. Avventura indimenticabile, in cui ho messo a dura prova il mio fisico e il materiale tecnico e in particolare il mio fido Salomon S/LAB SENSE ULTRA 8 SET, che si è dimostrato eccezionale anche su queste distanze.
La preparazione e l’attesa
Chiariamo: l’epico ha a che fare con i miei personalissimi limiti. Leggo anch’io delle imprese dei grandi atleti.
Ma nel mio piccolo questa avventura può dirsi epica nel senso “…che oltrepassa di gran lunga i limiti delle (mie) forze materiali e spirituali”.
E proprio conoscendo i miei limiti, man mano che l’impresa si avvicinava le ginocchia tremavano. La preparazione era stata decente ma, forse, non sufficiente e cominciavo ad ideare Piani B e identificare punti di estrazione.
Ho preparato il materiale meticolosamente, aiutato dalla checklist perfetta dell’amico Andrea e, come gli atleti seri, messo tutto sul tavolo, per essere sicuro di non dimenticare niente.
A quel punto ero certo che non ci sarebbe stato tutto nello zaino e, invece, come per magia, tutto è andato al proprio posto, permettendomi di correre (ok diciamo più camminare…) con facilità.
La partenza alle 5:30. Lampada frontale accesa, maglia a maniche lunghe, 8°C, da Nebbiuno saliamo verso il Mottarone.
L’alba e i colori dell’autunno
Il Mottarone ha un valore speciale per me. E averlo come prima tappa mi dà buonissime vibrazioni. Saliamo al Poggio Radioso, poi il Giogo del Cornaggia, per poi scendere verso la stada tra Armeno e Gignese e risalire verso le 3 montagnette ed ancora dritti fino in cima dal versante Sud.
Giornata stupenda, la luce che gradualmente ci avvolge, cielo blu che contrasta con i primi colori dell’autunno.
Nel piazzale in cima, nemmeno a mettersi d’accordo, incontriamo il “Diesel del Trail” Alberto, salito da Omegna, con cui, dopo una breve pausa caffè, ci buttiamo in discesa verso il Lago d’Orta. E dico buttiamo non a caso: il sentiero, panoramico e scenografico nella prima parte, si incattivisce quasi subito, con passaggi ripidi, gradoni, radici e tutto quello che i sentieri sanno regalare per la gioia delle caviglie.
Per fortuna arriviamo incolumi ad Omegna dove ci aspetta l’ultima traccia di mondanità. Il mio stomaco brontola dalla fame: abbiamo nelle gambe già 23km e 1200+.
Ma Andrea mi dà il primo premiante: arriviamo a Quarna e poi panozzo serio.
La salita, quella vera
Comincia da Omegna la parte tosta, quella che farà la differenza: 1800+ di dislivello fino alla Massa del Turlo.
Prima tappa Quarna ed il premiante arriva: un appetitoso panino al prosciutto e coca, alla faccia di barrette e gel.
L’umore è ottimo, chiacchieriamo ininterrottamente, incontrando pochissime persone, e saliamo verso il Monte della Croce, sui percorsi dell’UTLO ben segnalati, a 1643m.
Sulla salita, in particolare l’ultimo pezzo ripido, la fatica si fa sentire e il compassionevole (e generoso) Andrea mi presta le bacchette, che mi aiutano tanto ad alleggerire le gambe. Seconda vera cima conquistata. Adesso comincia la parte incognita, su sentieri (da noi) inesplorati. Nuvole basse rendono il paesaggio ancora più interessante e senza indugiare proseguiamo per l’ultima (credevamo) vera salita. Il sentiero, meno battuto rimane facile da seguire e ben visibile. Sale in costa, abbastanza graduale, in alcuni punti esposto. Gli ultimi 100m di dislivello sono tosti, anche per mancanza di carburante. Arrivati in cime l’umore è alle stelle: la parte più tosta è alle spalle e sembra che ormai sia solo una lunga discesa fino a Scopello.
Ma, ahimè, sarà un po’ più complicato.
Il gran finale
La discesa è su un sentiero sconnesso e poco utilizzato. Nelle successive 3 ore incontriamo 2 persone, attraversiamo bellissimi boschi e, solo grazie alla traccia GPS, non sbagliamo strada: il sentiero che dobbiamo prendere è poco visibile facendo una curva quasi a 180° sulla destra. L’acqua comincia a scarseggiare e il cielo si fa plumbeo e potrebbe piovere da un momento all’altro.
Scendiamo ripidi, sempre più ripidi, fino a trovarci in una valletta dove il sentiero non c’è più. Seguiamo la traccia GPS sperando ci porti da qualche parte e, non senza qualche difficoltà, arriviamo in fondo alla discesa. Grande sollievo nel vedere un gruppo di case a poche centinaia di metri. Case = acqua. La mia bocca era così felpata che facevo fatica a parlare. Arrivati nell’abitato (in zona di Salaro) trovo una fontanella e dopo aver fatto scendere la prima scarica di fango e ruggine, bevo copiosamente quella che sembra acqua buona e fresca. Riempiendo la borraccia scopro che l’acqua era, diciamo, non così pulita… ma fortunatamente non mi succede niente.
Scendiamo fino a fondovalle, siamo a Bocciolaro, e nel cortile di un signore gentile ci fermiamo a mangiare e bere, finalmente acqua buona, sotto una pioggia ormai insistente.
Ricaricati ripartiamo, ma sbagliamo direzione e ci troviamo sulla strada che scende da Cervatto. Dubbio amletico: scendiamo fino a Varallo per farla tutta su asfalto o ci ricongiungiamo al percorso originale, passando da Cravagliana e poi dalla Bocchetta di Vocca?
Ovviamente optiamo per il bosco.
Salendo il primo pezzo di asfalto siamo testimoni delle devastazioni causate dalle recenti piogge: strade crollate, ponti divelti e l’alveo del fiume cosparso di alberi. Piove, ma ora che abbiamo le idee chiare sul percorso l’umore ritorna alto. Siamo al km51 e pensiamo ci sia solo un breve passaggio nel bosco. Ma ahimé ci sbagliamo e l‘ultimo strappo si dimostra davvero tosto: molto ripido, esposto, con piante cadute da poco che rendono i passaggi difficili. Bene, non so dove, trovo le energie e salgo senza troppi problemi. Il cielo si fa scuro e accendiamo le frontali per la discesa fino a Vocca.
Da Vocca è tutto asfalto fino a Scopello, sulla statale. Ormai la meta è vicina e tra corsa e power walking, tra telefonate a vecchi amici e il pensiero fisso della Corona gelata con fetta di lime come premiante, arriviamo senza troppi problemi a Scopello.
La stanchezza è tanta ma la soddisfazione è immensa.
Epilogo
Nemmeno ci credo di avercela fatta. Passo giusto, compagno di avventura eccezionale, esperienza e un po’ di allenamento. E i 70km sono fatti. Supporto davvero ottimo dallo zaino Salomon, che è riuscito a contenere tutto il necessario per una traversata del genere.
Provo a dormire, senza riuscirci malgrado le birre siano diventate 3, ma negli occhi ho le ultime 15 ore, e forse è anche bello avere il tempo di riviverle.
Hai voglia di dare un’occhiata anche alle mie altre avventure?
Alla conquista del Pizzo Bianco
Trailrun al cospetto del Monviso
Indirizzi utilizzi:
https://www.komoot.it/ (con cui è stato creato il GPS del percorso)
Umberto Paracchini, trail Runner della domenica (ma quasi tutte le domeniche), batterista e appassionato di enogastronomia, moto, lettura, sci e tanto/troppo altro. Nella vita si occupa di marketing e fa parte del club “Running Boyz Arona”che, oltre a correre, fa tante altre cose e non si prende troppo sul serio