ARTVA COME FUNZIONA?

Uno dei maggiori pericoli in montagna è sicuramente quello delle valanghe e, in questo caso, l’aspetto fondamentale è il fattore tempo.

Fortunatamente l’uomo oggi ha a disposizione l’aiuto dell’ARTVA, un apparecchio ricetrasmittente in grado di emettere e ricevere onde radio, per permettere  a chi è rimasto sepolto di segnalare la propria posizione ed, ai soccorritori, di trovarlo nel minor tempo possibile.

In caso di valanga, infatti, è di fondamentale importanza trovare la persona sepolta dalla neve nel minor tempo possibile e cercare di diseppellirlo entro i primi 15 minuti.

In caso di seppellimento da neve si deve tener presente che:

□    entro i primi 15 minuti dal seppellimento le probabilità di trovare persone in vita sono del 93%;

□    tra i 15 e 45 minuti dal seppellimento si osserva un forte calo della probabilità di sopravvivenza che passano dal 93% al 25% circa; in tale periodo subentra la morte per asfissia per tutti i sepolti che non dispongono una cavità d’aria in cui respirare;

□    da 45 a 90 minuti, una piccola percentuale di persone (circa il 20%) può sopravvivere se dispone di una certa quantità d’aria ed ha sufficiente libertà toracica per i movimenti respiratori;

□    tra i 90 e i 130 minuti si muore per ipotermia.

L’ARTVA è un apparecchio ricetrasmittente in grado di emettere e ricevere onde radio su una frequenza fissa di 457 kHZ, frequenza stabilita dalla prima edizione (marzo 1997) della norma europea ETS 300 718 ci spiega la nostra guida alpina Matteo Pasic.

Ogni ARTVA è costituito da uno o tre antenne a seconda del tipo di modello. L’antenna che è costituita da una bacchetta di ferrite induce un campo elettromagnetico variabile a 457 KHZ ad intermittenza che si espande nello spazio.

Oltre alla trasmissione del segnale (TX) un ARTVA può effettuare anche la ricezione (RX) grazie alla possibilità di commutare le due funzioni.

In generale la portata di un apparecchio dipende da:

□    qualità del trasmettitore e del ricevitore;

□    stato di carica delle batterie;

□    posizione reciproca delle antenne;

□    temperatura;

□    rumorosità del fondo ambientale, grado di addestramento ed udito dell’operatore.

E’ sicuramente importante controllare il proprio apparecchio ARTVA, al fine di comprendere la specifica portata utile durante una ricerca in solitaria. Come riferimento si è uniformato che per gli apparecchi analogici e digitali di ultime generazioni, e per gli ARTVA a tre antenne le portate utili corrispondono a 20 mt, determinando così omogenei corridoi di ricerca di massimo 40 mt di larghezza.

Ma come di svolgono le FASI RI RICERCA?

 1° FASE: RICERCA DEL PRIMO SEGNALE

L’obiettivo di questa prima fase di ricerca, è quella di individuare un primo segnale. A seconda del numero di soccorritori, si utilizzeranno metodi differenti. Con più soccorritori ci si disporrà secondo uno schema a “pettine” percorrendo la zona di accumulo in salita o discesa e mantenendo la distanza tra i ricercatori pari alla portata utile degli apparecchi (40mt). In caso di un solo soccorritore questo dovrà effettuare la scansione della zona colpita da valanga, descrivendo un percorso a forma di greca. Non appena agganciato il primo segnale, si marcherà il punto passando alla fase secondaria di ricerca.

 2° FASE: LOCALIZZAZIONE

La localizzazione varia a seconda del tipo di ARTVA utilizzato. Con apparecchi ad una antenna il cercatore tiene l’apparecchio orizzontale sul palmo della mano e descrivendo con il braccio un arco di 120° davanti a sé ricerca la posizione in cui il segnale è più forte.

Definita la direzione con il miglior segnale si potrà avanzare di 4-5mt e dopo aver abbassato il volume si ripete l’operazione.  In questo modo ci si avvicina progressivamente al sepolto sino a 3-4 mt dove si passa alla terza fase della ricerca detta definizione del punto.

 3° FASE: DEFINIZIONE DEL PUNTO

In questa fase si utilizza il metodo cosiddetto a croce in cui si farà particolare attenzione a non cambiare più l’orientamento dell’antenna RX, ovvero a mantenere l’apparecchio sempre nella stessa direzione e poco sopra la superficie della neve, eseguendo spostamenti lenti e precisi. Proseguendo in linea retta lungo l’ultima direzione individuata nella fase precedente si va ad individuare la posizione in cui il segnale e più forte.

Individuato tale punto, si sceglie una direzione ortogonale alla precedente andando a cercare lungo questa, la posizione con il miglior segnale. Si giungerà ben presto in un’area in cui segnale, a parità di livello di volume non aumenta più. Dopo aver marcato il centro di questa piccola area il problema dell’identificazione del sepolto potrà essere risolto solo con l’uso sistematico della sonda, che dovrà essere rigorosamente piantata in senso ortogonale al pendio e non in verticale.